Barabino Angelo
Angelo Barabino: Pittore Divisionista tra Realismo e Simbolismo
Angelo Barabino (Tortona, 1º gennaio 1883 – Milano, 5 novembre 1950) è stato un pittore italiano, riconosciuto per la sua adesione al Divisionismo e per l’esplorazione di tematiche sociali e simboliche. La sua formazione artistica iniziò presso l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, dove studiò dal 1900 al 1903 sotto la guida di maestri come Giuseppe Mentessi e Camillo Rapetti. Durante questo periodo, entrò in contatto con Giuseppe Pellizza da Volpedo, diventandone allievo e collaboratore nello studio di Volpedo fino alla morte del maestro nel 1907. Questa esperienza influenzò profondamente il suo stile, orientandolo verso il Divisionismo e l’impegno sociale.
Le Opere Più Rappresentative di Angelo Barabino
Le creazioni di Barabino riflettono la sua capacità di combinare tecnica divisionista e sensibilità verso le questioni sociali. Tra le sue opere più significative si annoverano:
- “La rapina” (1910): presentata alla Mostra Nazionale di Brera, l’opera affronta coraggiosamente il tema di una giovane donna dopo uno stupro, segnalata dalla critica per l’ardito soggetto e la perizia esecutiva.
- “Fiori selvatici” (1909): un dipinto che esprime la delicatezza della natura attraverso la tecnica divisionista.
- “L’annegato” (1909): opera che testimonia l’interesse dell’artista per le tematiche sociali e la condizione umana.
- “Pioppi a Scrivia” (1913): paesaggio che evidenzia l’abilità di Barabino nel rappresentare la natura con sensibilità e precisione.
- “Fine di un giovane contadino” (1910-1912): dipinto che affronta il tema della morte in ambito rurale, con un approccio realistico e toccante.
L’Eredità di Angelo Barabino
Dopo la Prima Guerra Mondiale, Barabino trascorse un periodo a Venezia, dove frequentò ambienti artistici e continuò la sua produzione pittorica. Nel 1929 si trasferì a Caracas, in Venezuela, su invito dell’industriale tortonese Roversi, dove espose e dipinse intensamente, realizzando anche ritratti ufficiali, tra cui quello del presidente Juan Vicente Gómez. Rientrato in Italia nel 1931, si stabilì a Tortona, dedicandosi principalmente alla pittura di paesaggi della campagna tortonese e delle Prealpi. La sua opera, caratterizzata da un forte legame con la tradizione divisionista e da una personale interpretazione delle tematiche sociali, continua a essere apprezzata per la profondità emotiva e la qualità tecnica.